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La Francia di Luigi XIV
Luigi XIV di Francia (1638-1715), re dal 1643, detto il Re Sole. Figlio di Luigi XIII e di Anna d'Austria, succedette a soli cinque anni al padre. Artefice della sua formazione politica fu Mazarino, e solo alla sua morte Luigi assunse le redini del potere (1661), circondandosi però di ottimi collaboratori, fra cui Jean-Baptiste Colbert, che mise ordine nelle finanze statali e favorì commerci e manifatture. Assieme a Colbert riorganizzò la macchina statale subordinando le autorità locali al controllo di intendenti che rispondevano direttamente al sovrano, riformando l'amministrazione della giustizia e varando nuovi codici (1667-1673). Trasferita la corte a Versailles per meglio coordinare l'azione di governo, si accanì contro giansenisti e protestanti (revoca dell'editto di Nantes, 1685). Per imporre all'Europa la sua egemonia, dal 1667 s'impegnò in conflitti che gli permisero di estendere i confini del regno alla Franca Contea e a parte delle Fiandre (pace di Nimega, 1678) e di annettersi l'Alsazia, ma che prostrarono il paese, già fiaccato dalla crisi economica e dalle carestie, e portarono al dissesto delle finanze (guerra della lega d'Augusta 1688-97 e di successione spagnola 1701-14)
L'assolutismo di Luigi XIV
Quando nel 1661 il Mazarino morì, Luigi XIV assunse di fatto il governo del Paese che resse saldamente fino alla morte, avvenuta nel 1715.
Luigi XIV mirò ad instaurare un completo assolutismo e annientare, secondo la tradizionale politica accentratrice del Richelieu e del Mazarino, ogni forza, nobiliare o ecclesiastica, che cercasse di opporsi.
Il sovrano aveva ben chiaro quanto fossero pericolose per il Paese e per la Corona le lotte civili e la mancanza di un saldo potere centrale capace di opporsi all'aristocrazia ed alla tendenza della Chiesa di Roma a interferire, attraverso il clero francese, negli affari interni del Paese, di organizzare la burocrazia e l'amministrazione della Francia e di spezzare l'indipendenza morale e religiosa degli Ugonotti, inoltre Luigi XIV mirò ad imporre il predominio della Francia sull'Europa.
Il sovrano affermava: «Lo Stato sono io», in quanto egli intendeva appunto identificarsi con il Paese. Per realizzare tali scopi, Luigi XIV evitò che ministri o favoriti acquisissero un eccessivo potere e si interessò direttamente di ogni branca dell'amministrazione dello stato. Luigi XIV riuscì ad imposi all’aristocrazia terriera, che, fino agli inizi del '600, aveva cercato di contrastare il potere del sovrano e dei suoi ministri e spadroneggiava nelle province, dove il potere centrale era ancora debole. Il sovrano attirò molti nobili a Versailles e li abituò a vivere di laute pensioni e di rendite, in un'atmosfera frivola e fastosa, trasformando così la vecchia nobiltà politica in nobiltà cortigiana, del tutto separata dalle popolazioni rurali delle province e ormai ridotta a svolgere un ruolo marginale nella vita del paese.
Luigi XIV istituì i cosiddetti Consigli del re, che avevano solo poteri consultivi ed erano quotidianamente presieduti dal sovrano in persona. Alcuni membri dei Consigli erano ministri della Corona, passivi esecutori degli ordini regi. Luigi XIV provvide anche a riorganizzare e a centralizzare le amministrazioni provinciali in modo che queste, sotto il profilo amministrativo, finanziario, giudiziario e militare, fossero costantemente legate al governo centrale.
La politica religiosa di Luigi XIV
Era inevitabile che l'assolutismo di Luigi XIV si scontrasse con la Chiesa di Roma, con gli Ugonotti, e infine anche con i giansenisti (seguaci di Cornelius Jansen) che nell'ambito del cattolicesimo rappresentavano un gruppo dissidente, in conflitto con i Gesuiti. Luigi XIV non entrò in conflitto con gli ugonotti e con i giansenisti in quanto difensore dell'ortodossia cattolica, ma in quanto tendeva a eliminare ogni fonte di autorità politica, religiosa e morale che ostacolasse il suo assolutismo, infatti egli si scontrò anche con la Chiesa romana.
GiĂ dal medioevo i sovrani di Francia avevano sostenuto che il clero francese doveva dipendere direttamente dal re e organizzarsi come Chiesa nazionale. Tale teoria, era detta gallicana. Nel 1673 Luigi XIV volle dare una prova della propria autoritĂ assoluta anche nei confronti della Chiesa, estendendo a tutta la Francia il diritto di regalia. Era infatti tradizione che, quando un vescovo moriva e la relativa diocesi rimaneva temporaneamente vacante, i re di Francia percepissero le rendite della diocesi stessa. Tale diritto riguardava però solo alcune regioni della Francia e di fatto era da tempo caduto in disuso. Con una disposizione unilaterale, cioč senza alcun accordo preventivo con le autoritĂ della Chiesa, nel 1673 Luigi XIV lo estese a tutta la Francia e lo rese operante. L’alto clero francese accettò la decisione del re e una assemblea generale di vescovi, riunita nel 1682, appoggiò apertamente il sovrano, pubblicando una Dichiarazione gallicana, ma il pontefice Innocenzo XI negò validitĂ alla Dichiarazione. Il conflitto si protrasse ancora per qualche tempo, poi Luigi XIV, che aveva bisogno dell'appoggio della Chiesa di Roma nel conflitto con i giansenisti, finì con l'accordarsi con Papa Innocenzo XII, annullando di fatto la Dichiarazione del 1682.
Gli ugonotti, grazie all'editto di Nantes, godevano di particolari garanzie: Luigi XIV, si era inizialmente impegnato a rispettare l'editto di Nantes che però, dopo il 1661, venne interpretato in maniera sempre piů restrittiva. I protestanti furono lentamente esclusi dai pubblici uffici e dalle libere professioni, e ai loro riti vennero imposti limiti precisi. Luigi XIV aspirava, infatti, ad eliminare il protestantesimo dalla Francia, anche per farsene una gloria di fronte al papato romano e poter così meglio affermare le proprie pretese gallicane. Colbert, nascostamente, protesse gli ugonotti, che controllavano gran parte delle industrie e delle finanze, ma quando, nel 1683, il potente ministro morì, le persecuzioni aumentarono, fino a giungere all'aperta violenza. Contro gli ugonotti furono mandati i soldati, furono abbattuti i templi protestanti, fu imposto il battesimo dei neonati secondo il rito cattolico, fu estorta la conversione in extremis dei moribondi.
Il sovrano finse di credere che veramente gli ugonotti fossero stati ormai quasi tutti convertiti alla religione ufficiale. Pertanto alla fine del 1685, con l'editto di Fontainebleau, revocò formalmente l'editto di Nantes, con il pretesto che in Francia non c’erano piů protestanti. La persecuzione religiosa danneggiò il Paese perchĂ©, dopo la revoca dell'editto di Nantes, iniziò un esodo in massa degli ugonotti, che erano in maggior parte banchieri, imprenditori, abili artigiani e operai specializzati. L'economia francese subì perciò un danno incalcolabile a vantaggio soprattutto dell'Inghilterra, del Brandeburgo e dell'Olanda, paesi pronti ad offrire generosa ospitalitĂ ai profughi che diedero un notevole impulso alla economia locale. In Francia, inoltre, ebbe inizio una guerriglia nel territorio montagnoso delle Cevenne, dove gruppi armati di protestanti, i cosiddetti Camisards, condussero contro le forze governative una spietata guerriglia che si protrasse fino al 1710.
Luigi XIV agì anche contro i giansenisti, deciso a impedire che, pur nell'ambito dell'ortodossia religiosa, si affermasse questo piccolo ma compatto gruppo di studiosi e di religiosi, pronti ad assumere atteggiamenti critici verso la Chiesa ufficiale e, di conseguenza, anche verso il potere assoluto del sovrano. I giansenisti condussero una campagna contro i gesuiti, da loro accusati di doppiezza e di lassismo ai quali il giansenismo si contrappose una piů rigorosa e intima esigenza di vita religiosa. Di fronte alla presa di posizione dei giansenisti, che avevano il loro centro nel monastero di Port-Royal e che sostenevano la supremazia dei concili sul papa, l'autonomia dei parroci dai vescovi, la necessitĂ che le funzioni religiose fossero celebrate non piů in latino ma nella lingua volgare, Luigi XIV, premuto dai gesuiti, decise, agli inizi del '700, di stroncare il giansenismo e, fatti cacciare i giansenisti da Port-Royal, ordinò di radere al suolo il monastero (1704). Successivamente egli ottenne che Papa Clemente XI con la bolla Unigenitus del 1713 condannasse definitivamente il giansenismo. II movimento sopravvisse e al sovrano ed era ancora vigoroso nel XVIII secolo.
Fioriscono le Accademie: da quella di Pittura e Scultura a quella di Architettura e di Musica; pittori e scultori devono raffigurare il sovrano secondo il modello classico o biblico; nella loro preparazione accademica essi seguono un preciso itinerario che li porta ad assimilare regole estetiche ufficialmente definite. Le attivitĂ artistiche si svolgono in un ambiente che, pur lasciando poco spazio alla libertĂ interpretativa personale, non č però meccanicamente imposto dall'alto, ma il piů delle volte č condiviso da artisti e letterati.
Negli anni di sviluppo filosofico e scientifico in cui si va diffondendo la concezione meccanicistica cartesiana della natura, č creata anche l'Accademia delle Scienze (1666), che il re e Colbert intendono spingere a lavorare per la ricerca di strumenti e invenzioni meccaniche utili alla potenza economica e militare del paese.
In campo filosofico il cartesianismo si impone in tutti i circoli intellettuali e, malgrado gli attacchi e le polemiche dei gesuiti, il razionalismo di Cartesio penetra nel costume del paese. Il sovrano, d'accordo con l'alto clero, č contrario al rigoroso razionalismo cartesiano, gravido di conseguenze critiche e, in fondo, rivoluzionarie; ma, ciononostante, lo stato francese, con la sua amministrazione centralizzata e con il suo assolutismo, si presenta come un vasto congegno ordinato e razionale, come il frutto piů maturo e complesso di un'etĂ che crede nella ragione, piů che mai convinta della necessitĂ di un metodo ordinato e razionale per reggere e regolare l'insieme delle forze economiche, finanziarie e politiche che si intrecciano in una trama vasta e complicata.
La Francia del "grande secolo" conquista l'Europa con la sua cultura e il suo fasto piů che con le guerre. Quest’epoca contribuisce a creare in Europa un gusto, una sensibilitĂ ed una cultura comuni .Espansionismo
L'assolutismo accentratore di Luigi XIV si manifestò anche nella sua politica estera aggressiva, intesa ad imporre il predominio della Francia sul continente europeo. Abili generali organizzarono eserciti che erano i migliori d'Europa e dovevano diventare lo strumento della politica del re, intesa ad allargare il territorio nazionale fino ai suoi "confini naturali", cioč fino a comprendere la Franca Contea e le Fiandre, controllate dalla Spagna, ma francesi per lingua e cultura.
Luigi XIV si impegnò in una lunga serie di guerre che si protrassero fino al primo quindicennio del secolo successivo e che, nonostante i numerosi successi militari, finirono col danneggiare gravemente la Francia stessa.Cultura e potere
Nella seconda metĂ del '600 Luigi XIV č il monarca assoluto, simbolo vivente di quell'ordine che le classi borghesi piů elevate desiderano, ma nel gusto umanistico-rinascimentale questa immagine, assume una connotazione classica di eroe-semidio. Il sovrano č, quindi chiamato re Sole poichĂ© illumina e regola l'intera nazione e perciò č suo dovere incoraggiare e proteggere ogni forma di attivitĂ , soprattutto le arti e le lettere. Concedendo favori, ma anche con una accurata sorveglianza, costringe gli intellettuali a una produzione letteraria e artistica rispondente alle esigenze della monarchia assoluta. La stampa č sotto controllo e le stamperie di Parigi sono ridotte di numero e sorvegliate.
Artisti e letterati devono esaltare l'opera del sovrano. Parigi e le altre città vengono sistemate secondo criteri razionali e geometrizzanti da urbanisti e architetti che mirano, per precisa volontà sovrana, a creare una convergenza delle strade verso il centro dell'abitato dove, su una grande piazza, campeggiano solitamente le statue dì Luigi XIV e del suo grande predecessore Enrico IV.